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Ciro di Marzio interpretato da Marco D'Amore-foto da web |
Ieri sera sono andate in onda su Sky Atlantic le
ultime due puntate della serie, e già si parla della seconda stagione che,
pare, ci sarà. Inoltre la prima serie sbarcherà prossimamente in chiaro su La7,
ed è già stata venduta a più di 50 paesi nel mondo. Un autentico successo per
una fiction italiana, che ha tenuto
incollati moltissimi telespettatori agli schermi in una sorta di vera e propria
dipendenza. Anche telespettatori insospettabili, che di norma non sono
appassionati del genere mafia-guerra-azione. Già, ma perché stavolta si è
riusciti ad abbracciare un’utenza così vasta? Perché è un ottimo prodotto,
curato e confezionato con estrema professionalità, e soprattutto perché ci
racconta meccanismi psicologici universali, in cui tutti in un certo senso
possiamo riconoscere qualcosa della nostra vita (fatte salve le sparatorie ed
il sangue, ovviamente). Per citare Saviano su La Repubblica: “Non volevamo
raccontare la camorra al mondo, ma al contrario raccontare il mondo attraverso
la camorra”. L’ambizione e la ricerca del potere ed i suoi meccanismi
magnificamente svelati sono il vero nucleo della serie, in un certo senso
l’ambientazione mafiosa è secondaria, seppur ricreata con magistrale realismo.
Chi non si è mai imbattuto in vita propria almeno una volta nel brillante ambizioso
per eccellenza alla Ciro di Marzio, pronto a blandire, spergiurare, tradire, in
barba a qualsiasi codice d’onore o etico, per arrivare al potere? Chi non ha
mai pensato almeno una volta che esistono capi ottusi, che non sanno gestire o
mantenere il potere perché commettono il fatale errore di demansionare o non
riconoscere un brillante e ambizioso collaboratore che non esiterà per questo a
vendicarsi? La fiction mostra
chiaramente come per mantenere il potere serva una cosa soltanto...continua a leggere qui