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lunedì 15 dicembre 2014

Dear Sugar: solitudine ed empatia ai tempi dei socials


Tempi duri, quelli delle relazioni virtuali. La maggior parte di noi passa più ore ad aggiornare ed abbellire il proprio profilo Facebook o Linkedin che a fare due chiacchiere col vicino di casa. I social networks, luoghi di relazioni prevalentemente virtuali, amplificano, in alcuni casi, la sensazione di solitudine degli utenti che percepiscono l’assenza di rapporti umani veri o la disgregazione di quelli esistenti in maniera direttamente proporzionale al tempo passato davanti al monitor.



lunedì 27 ottobre 2014

C’era una volta il West di Sergio Leone a Torino

L’immagine di Clint Eastwood con poncho, sigaro e una Colt calibro 45 in pugno è quella che l’ha consegnato all’ Olimpo delle icone, trasformando un attore in un divo. E’ il West all’italiana di Sergio Leone, che ha suggestionato e continua a suggestionare non solo spettatori ma anche addetti ai lavori: tra i registi contemporanei, in America, molti ammettono di essere sostenitori del regista romano che rivoluzionò il genere western. Eppure Sir Christopher Frayling, autore di una completissima biografia dedicata a Leone, pensa che il regista non sia mai stato apprezzato a dovere dalla critica perché “troppo internazionale per l'Italia e troppo italiano per i produttori americani.”
Per questo ha deciso di dedicare una mostra al “maestro”, in occasione del 50esimo anniversario del film che l’ha reso inizialmente conosciuto ovvero “Per un pugno di dollari”: Frayling è il curatore della mostra “C’era una volta in Italia il cinema di Sergio Leone” allestita al Museo del cinema di Torino...continua a leggere qui

martedì 7 ottobre 2014

L’equazione africana. Ovvero, i due volti dell’Africa.

Un medico tedesco in navigazione con un amico verso le isole Comore, Kurt Krausmann, viene attaccato dai pirati al largo della Somalia. Preso in ostaggio, trascinato dai rapitori in un viaggio avventuroso ed infernale attraverso il deserto africano, durante il quale scopre un paese fatto di violenza e miseria, subisce torture ed umiliazioni, conosce infine un altro ostaggio, il francese Bruno, insieme al quale riesce a liberarsi dai rapitori e lentamente prende coscienza anche di altri aspetti dell’Africa, al punto che, al termine dell’esperienza, si sentirà cambiato irreversibilmente e nel profondo.

giovedì 25 settembre 2014

Il Ruanda oggi: la sfida della ricostruzione nella mostra “cross media” firmata Cossu-Lafontaine

Come si può riprendere a vivere una vita apparentemente normale quando sai che il tuo vicino di casa ha ucciso la tua intera famiglia a colpi di machete e tu sei scampato per miracolo alla sua furia omicida? Come si rimargina la ferita collettiva di un popolo che ha visto massacrare quasi 1.000.000 di persone nell’arco di tre mesi? Eppure, a vent’anni dal genocidio, il Ruanda oggi appare come una società in fermento, lanciata verso lo sviluppo economico più di qualsiasi altro stato africano, in cui l’attuale governo proibisce la distinzione tra hutu e tutsi (che nel precedente regime doveva addirittura essere specificata sulla carta d’identità), e chiama i suoi cittadini semplicemente ruandesi. E di genocidio, è praticamente proibito parlare.
Cercare di capire cosa sia veramente la società ruandese oggi: questa l’idea alla base del progetto del giornalista-documentarista Giordano Cossu e del fotografo Arno Lafontaine che tra agosto 2013 e febbraio 2014 hanno girato soprattutto il Ruanda rurale.....continua a leggere qui

lunedì 28 luglio 2014

Italiani popolo di tangueros

Non esiste un ballo di coppia versatile ed innovativo come il tango. Jacek Koman interpretando l’argentino narcolettico nel film musicale “Moulin Rouge”, diretto da Baz Luhrmann nel 2001, parla di un ballo nato nei bordelli di Buenos Aires. La realtà non è tanto distante visto che effettivamente questa danza compare a fine 800 nei sobborghi periferici di Buenos Aires, dove si incontrano immigrati di varie nazionalità che vivono in questa città, gente del porto e gente dalle campagne della Pampa, che porta la payada, la poesia musicata che inizierà ad accompagnare i primi passi dei tangueros in pista. Un mix etnico anche a livello di danza: la spagnola habanera e l’africano candombe sono i due balli che originano prevalentemente il tango. Che è l’unico ballo a due dove le figure non si susseguono secondo schemi fissi e ripetitivi: il tango è soprattutto libertà e improvvisazione. Unico tra i balli di coppia a possedere la precisione dei movimenti e la tecnica della danza classica, li  fonde con la totale improvvisazione e libertà tipici della danza contemporanea. Rigore e passione inestricabilmente mescolati; proprio per questo può essere ballato in modi completamente diversi, con abbraccio più o meno stretto….in modo solenne, intimo, appassionato o addirittura trasgressivo, tutto è concesso nel tango e tutto si può esprimere col tango a patto di “sentire” la musica.
Negli ultimi dieci anni la passione per il tango sta mietendo vittime tra gli italiani.  Studenti, impiegati, casalinghe e professionisti, tutti uniti dalla passione per la milonga...continua a leggere qui

venerdì 25 luglio 2014

“Quando Dio era un coniglio”: quei ricordi d’infanzia che ci definiscono

Sarah Winman-foto da web
Sulle prime sono stata catturata da quel titolo eccentrico, e dalla recensione del New York Times che ha definito questo romanzo “meraviglioso, dark e comico”. Probabilmente l’autrice Sarah Winman, affermata attrice inglese all’esordio come scrittrice non si aspettava tanto successo quando nel 2011 ha pubblicato questo libro. Il romanzo è decisamente ben scritto, anche se molto frammentario e forse un po’ carente a livello di trama: la protagonista Elly, voce narrante, rievoca nella prima parte del libro la sua infanzia negli anni 70 prima a Londra e poi in Cornovaglia, dove i genitori decidono di aprire un Bed and Breakfast dopo aver vinto alla lotteria. Nella seconda parte Elly è divenuta adulta, è il 2001 e il crollo delle torri gemelle a New York sconvolge la sua vita perché per un periodo l’amato fratello Joe che vive e lavora in America risulta tra gli scomparsi durante l’attentato, e quando Elly finalmente riesce a ritrovarlo deve affrontare l’arduo compito di aiutarlo a recuperare la memoria che ha perso a seguito di un incidente avvenuto in concomitanza con il crollo delle torri. La seconda parte del romanzo sembra un po’ forzatamente accostata alla prima, quasi “tirata per i capelli”, nel tentativo di costruire un’unità in un romanzo che risulta un po’ slegato. In realtà il concetto di memoria è il filo rosso che percorre l’intero libro e gli regala struttura: sono i ricordi che gli altri hanno di noi, in particolare gli aneddoti apparentemente insignificanti che gli amici d’infanzia e le persone che ci conoscono intimamente conservano di noi che definiscono la nostra identità. Proprio per questo per gli esseri umani è così importante essere ricordati, più ancora che ricordare. Perché “nulla resta a lungo nell’oblio”, come dice una Jenny Penny bambina, migliore amica di Elly, alla protagonista. Il segno che la nostra esistenza lascia sulle vite degli altri si traduce esattamente in una serie di dettagli, azioni e pensieri che ci riguardano e che gli altri ricorderanno per il resto della propria vita. E’ proprio l’insieme di ricordi e aneddoti a volte anche comici raccontati da Elly che costituiscono il vero fulcro del romanzo. Una prosa fresca e leggera, molti spunti importanti toccati qua e là quasi in modo casuale, a volte appena accennati… L’amicizia su tutti, in particolare l’amicizia dell’infanzia, quella pura, assoluta, quando ci sembra impossibile pensare di poter vivere senza i nostri migliori amici che danno sapore e colore alla nostra esistenza. Ma anche l’amore inteso in senso più ampio: amore fraterno, amore della bizzarra famiglia allargata che gli anticonvenzionali genitori di Elly costruiscono in Cornovaglia, amore per la natura e per gli animali, amore per un coniglio battezzato “Dio”, perché l’infanzia è quell’età della vita in cui tutto è magico e possibile, persino chiamare Dio un simpatico coniglietto. Il romanzo è tutto intriso di un umorismo tipicamente britannico, come pure squisitamente britannico è il genuino anticonformismo della famiglia e degli amici di Elly, che cercano di vivere nel modo più autentico possibile, con un’apertura mentale che li porta a scelte anticonvenzionali non dettate da stucchevoli pose ma semplicemente dalla coerenza. Viene accennato anche il tema della religione, dove la divinità è intesa come energia d’amore misteriosa che permea un meraviglioso quanto incomprensibile creato, regalando il proprio afflato divino anche alle più piccole creature viventi, piuttosto che come un Dio esterno alla vita, severo giudice dell’umanità. Un’omosessualità descritta senza troppi fronzoli, la vita dispensatrice di emozioni vibranti e profonde piuttosto che di felicità, gli occhi dell’infanzia che spesso riescono a vedere la verità dei sentimenti e degli stati d’animo con molta più facilità ed immediatezza degli adulti. Tutto questo ha valso a Sarah Winman un’accoglienza entusiasta da parte di pubblico e critica, in un romanzo che si legge con facilità.

mercoledì 16 luglio 2014

Piscina, che passione: consigli per l’uso.

Il nuoto è senza dubbio lo sport più sponsorizzato dai medici, che non si limitano a caldeggiare ai propri pazienti la pratica regolare di attività fisica, ma spesso e volentieri consigliano proprio questo sport acquatico. Già, perché i benefici del nuoto sono davvero numerosi: è praticamente l’unico sport che non stressa la colonna vertebrale, l’ossatura e le articolazioni, in quanto praticato in un ambiente virtualmente privo di gravità. Giova all’apparato neuro-muscolare e cardio-circolatorio, aiuta a mantenere la linea e ha un’azione rassodante e snellente con conseguente effetto anti-cellulite. E’ letteralmente terapeutico per chi soffre di scoliosi o problemi alle articolazioni. Infine, regala una sensazione di benessere psichico: chi nuota regolarmente sostiene di ricavarne beneficio a livello di concentrazione e benessere psicologico. Forse perché dopo alcuni minuti di nuoto, se si riesce ad assumere un ritmo regolare, si viene cullati dall’acqua e dal suono del proprio respiro, la mente rimbalza libera da un pensiero all’altro in un piacevole stato simile a quello dell’ipnosi. C’è un solo, piccolo inconveniente: spesso noi e gli altri nuotatori non siamo gli unici ospiti in piscina….  continua a leggere qui

venerdì 11 luglio 2014

Mozart e Torino: al via il Festival in Piazza San Carlo

Wolfgang Amadeus Mozart: forse il compositore di musica classica più amato e conosciuto, il genio, l’enfant prodige, l’artista che meglio ha espresso, attraverso la sua musica, “la voce di Dio”, per citare il personaggio di Antonio Salieri nel film “Amadeus” diretto da Milos Forman nel 1984. Molti sanno che questo talentuoso ragazzino percorse in lungo ed in largo l’Europa, invitato alle più prestigiose corti di nobili e sovrani per esibirsi, gestito dal padre Leopold, uomo abilissimo nell’arte delle pubbliche relazioni e del marketing. Forse però pochi sanno che in queste faticose peregrinazioni il giovane Mozart arrivò anche a Torino, precisamente il 14 gennaio 1771 dove albergò alla locanda Dogana Nuova (oggi Hotel Dogana Vecchia, via Corte D’Appello 4). Evidentemente anche all’epoca il solo talento, per quanto straordinario, non bastava ad assicurare gli ingaggi lavorativi: una lettera di Leopold Mozart alla moglie svela che il motivo del viaggio è una richiesta di aiuto al conte Torinese Lascaris di Castellar perché interceda presso Carlo Emanuele III di Savoia affinché conceda ad Amadeus un contratto col Teatro Regio di Torino per comporre un’opera.
Durante il viaggio i Mozart incontrarono comunque esponenti di spicco della cultura e nobiltà torinese e lo stesso Leopold definisce “bella” la città di Torino, sempre in una lettera alla moglie.
A distanza di tanti anni ecco che Mozart torna con la sua musica a Torino: tra pochi giorni inaugurerà il Festival di Mozart...continua a leggere qui

mercoledì 25 giugno 2014

S.o.S. cellulite: le creme sono realmente efficaci?

foto da web
Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? Quando arriva il momento di presentarsi in spiaggia, un pizzico della perfida matrigna di Biancaneve alberga segretamente nell’animo di ciascuna donna, ragionevolmente preoccupata di esporre i propri piccoli inestetismi al pubblico sguardo, senza neppure poter contare sull’aiuto di una seppur minima abbronzatura che coprirebbe parzialmente le imperfezioni. Perché, non nascondiamoci dietro un dito, la cellulite affligge larghissima parte della popolazione femminile -8 donne su 10, per l’esattezza-, ed anche una minor percentuale di uomini (che la mimetizzano meglio con la strategica peluria sulle gambe). Alcuni mesi prima del temuto appuntamento col bikini, ci si pone la fatidica domanda: Se comprassi una crema anticellulite, risolverei finalmente i miei problemi? La risposta potrebbe venire dai dati raccolti dall’Aduc in Italia, ovvero l’Associazione per i diritti degli utenti e consumatori....continua a leggere qui

giovedì 19 giugno 2014

“Accabadora” di Michela Murgia: temi attuali e spinosi ambientati in un mondo arcaico

Soreni, piccolo paese della Sardegna nei primi anni 50. La bambina Maria Listru, ultima di quattro figli di una famiglia poverissima, viene data in adozione dalla madre a Bonaria Urrai, sarta del paese, benestante vedova senza figli. Maria diventa quindi quella che in Sardegna viene definita “fillus de anima”, cioè una bambina generata due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un’altra. Bonaria alleva Maria come una figlia in tutto e per tutto, garantendole un futuro e chiedendole in cambio soltanto di accudirla quando sarà il momento. Maria, dal canto suo, guarda con ammirazione l’autorevolezza di Bonaria, che sembra custodire antichi segreti millenari ed una saggezza popolare profondissima. Anche se presto intuisce che un alone di mistero avvolge la madre adottiva: ci sono furtive uscite notturne che non riesce a spiegare…sino al momento della rivelazione: Maria scopre che Bonaria è l’accabadora del paese, ovvero colei che dispensa una pietosa morte a persone irreversibilmente malate che non riescono a morire, su loro precisa richiesta. Bonaria segue una sua personale etica in questo delicatissimo compito: rifiuta categoricamente casi in cui si sospettino ingerenze di familiari avidi, interessati ad anticipare la dipartita di anziani parenti per poter arraffare più in fretta l’eredità; rifiuta, sulle prime, la richiesta pressante di aiuto di un giovane rimasto invalido per sempre a causa di un incidente, sostenendo che il suo compito non sia aiutare chi non trova il coraggio di vivere ma soltanto anticipare la dipartita di chi ormai è già stato condannato a morte dalla natura ed ha vissuto la propria vita, ma non riesce ad andarsene. Maria rimane talmente sconvolta ed indignata dalla verità, che scappa dalla Sardegna per andare a lavorare come domestica a Torino salvo poi rientrare in Sardegna alcuni anni dopo per onorare la promessa verso la madre adottiva, in fin di vita. Assistendo la moribonda la cui agonia si prolunga in maniera esasperante ed estenuante, Maria avrà modo di vedere in altra luce la storia ed il ruolo di Bonaria Urrai all’interno della comunità, e di capire come sia impossibile giudicare certe situazioni enormemente difficili, o stabilire delle regole. Michela Murgia ci consegna un mondo duro, arcaico, quasi estraneo al fluire della Storia, ricco di una forza primitiva, dove su tutto risalta la figura della “femmina accabadora”, l’archetipo femminile capace di accogliere la vita e toglierla pietosamente quando una millenaria saggezza popolare e la precisa volontà del morente suggeriscano che non ci siano altre alternative. Perché la donna è da sempre l’essere più vicino alla Vita, e quindi anche alla Morte, il rovescio della medaglia. La Murgia con una scrittura dura e poetica affronta temi spinosissimi ed attuali come quelli di eutanasia ed adozione, senza semplificazioni ne’ giudizi; e riesce a trascinarci in riflessioni attualissime pur descrivendo efficacemente un mondo magico e primitivo che sembra cristallizzato fuori dal tempo. Pubblicato da Einaudi nel 2009, nel 2010 il libro ha meritatamente vinto il Premio Campiello. Un romanzo intenso e duro, che scorre ed avvince il lettore nonostante lo spessore degli argomenti  trattati.


mercoledì 11 giugno 2014

Il successo della serie Gomorra: meccanismi psicologici universali in salsa camorristica

Ciro di Marzio interpretato da Marco D'Amore-foto da web
Ieri sera sono andate in onda su Sky Atlantic le ultime due puntate della serie, e già si parla della seconda stagione che, pare, ci sarà. Inoltre la prima serie sbarcherà prossimamente in chiaro su La7, ed è già stata venduta a più di 50 paesi nel mondo. Un autentico successo per una fiction italiana, che ha tenuto incollati moltissimi telespettatori agli schermi in una sorta di vera e propria dipendenza. Anche telespettatori insospettabili, che di norma non sono appassionati del genere mafia-guerra-azione. Già, ma perché stavolta si è riusciti ad abbracciare un’utenza così vasta? Perché è un ottimo prodotto, curato e confezionato con estrema professionalità, e soprattutto perché ci racconta meccanismi psicologici universali, in cui tutti in un certo senso possiamo riconoscere qualcosa della nostra vita (fatte salve le sparatorie ed il sangue, ovviamente). Per citare Saviano su La Repubblica: “Non volevamo raccontare la camorra al mondo, ma al contrario raccontare il mondo attraverso la camorra”. L’ambizione e la ricerca del potere ed i suoi meccanismi magnificamente svelati sono il vero nucleo della serie, in un certo senso l’ambientazione mafiosa è secondaria, seppur ricreata con magistrale realismo. Chi non si è mai imbattuto in vita propria almeno una volta nel brillante ambizioso per eccellenza alla Ciro di Marzio, pronto a blandire, spergiurare, tradire, in barba a qualsiasi codice d’onore o etico, per arrivare al potere? Chi non ha mai pensato almeno una volta che esistono capi ottusi, che non sanno gestire o mantenere il potere perché commettono il fatale errore di demansionare o non riconoscere un brillante e ambizioso collaboratore che non esiterà per questo a vendicarsi? La fiction mostra chiaramente come per mantenere il potere serva una cosa soltanto...continua a leggere qui

martedì 10 giugno 2014

Degustazione di Vini e Cabaret

foto da web
Prendi un’enoteca storica nel cuore di Torino, tra Piazza San Carlo e Piazza Solferino: l’Enoteca Rabezzana. Organizza una degustazione di vini nello spazio sotterraneo dell’enoteca, ex magazzino un tempo usato per imbottigliare i vini ed oggi magistralmente trasformato in una spaziosa sala eventi. Aggiungi un frizzante spettacolo di cabaret tutto al femminile, nato dal laboratorio di arte comica Cab 41 e capitanato dall’attrice, doppiatrice e cabarettista Vanessa Giuliani per la direzione artistica di Antonio Valleggi. Questi gli ingredienti che hanno dato origine ad un cocktail davvero originale, la serata di degustazione e Cabaret proposta....continua a leggere qui 

venerdì 30 maggio 2014

“Somos Libres II”: la collezione privata di Mario Testino tra fotografia e pittura

Linda Evangelista fotografata da M.Testino
Amore per la commistione, per l’avvicinamento di concetti opposti, per la libertà del lavoro artistico e per la sperimentazione. Questo ciò che trapela dalla selezione di opere della collezione privata del fotografo di fama internazionale Mario Testino, esposte all’interno della mostra “Somos Libres II” allestita nei luminosi locali della Pinacoteca Agnelli a Torino e curata da Neville Wakefield. L’esposizione, iniziata il 17 maggio, sarà visibile fino al prossimo 14 settembre ed è senza dubbio un’occasione per avvicinarsi al mondo di un interessante interprete del nostro tempo, Mario Testino, fotografo originario di Lima, Perù, ma celebre a livello internazionale soprattutto per i suoi intensi ed originali ritratti di alcune icone del nostro tempo: Kate Moss, Madonna, la Principessa Diana, Gwyneth Paltrow o Giselle Bundchen, solo per citare alcuni nomi. Continua a leggere qui

martedì 27 maggio 2014

Dieta, controllo ossessivo del peso e drunkoressia

foto da web
Secondo il Ministero della Salute, i casi in Italia sarebbero oltre 300.000. Stiamo parlando di una pericolosa moda “made in Usa”, definita dai media americani come “drunkoressia”. Sbarcata ormai da diversi anni in Italia, miete vittime tra gli adolescenti, in particolare tra le ragazze che rappresenterebbero ben l’80% dei drunkoressici nazionali. Di fatto, parlare di una moda è improprio visto che si tratta di un vero e proprio disturbo alimentare paragonabile all’anoressia, o addirittura da considerarsi una sua variante. Il cardine del fenomeno è il controllo del peso corporeo, quindi la dieta- ovviamente parliamo di un concetto distorto e malsano di dieta-. Nel mirino soprattutto il mondo della moda anglosassone: a dare il cattivo esempio avrebbero iniziato proprio le mode...continua a leggere qui

lunedì 26 maggio 2014

“Splendore”: quell’attimo di rivelazione in cui tutto è possibile

foto da web
Margaret Mazzantini ha ormai abituato il lettore al suo sguardo penetrante che indaga i sentimenti in profondità, ad uno stile ricercato, intriso di lirismo e a tratti molto crudo. Ritroviamo questi elementi anche nella sua ultima fatica “Splendore”, edito da Mondadori nel 2013. La storia di un amore iniziato ai tempi del liceo tra Guido, voce narrante, e Costantino, due ragazzi romani, diversi per estrazione sociale (Guido proveniente da una famiglia borghese, Costantino figlio del portinaio), ma apparentemente accomunati dalla ricerca della propria identità, anche sessuale. Il romanzo segue la loro relazione tormentata, lunga una vita, costellata da separazioni per inseguire diversi destini- Guido professore di arte a Londra, Costantino ristoratore in Italia, entrambi sposati- ma con costanti e clandestini ricongiungimenti fino ad una svolta drammatica che accompagna il lettore verso un finale amaro. A parte la presenza forse di qualche stereotipo nell’intreccio, la Mazzantini riesce a conferire spessore tramite una profonda indagine psicologica. La scoperta della propria identità e la conoscenza di se stessi passa sempre attraverso il dolore: ci troviamo di fronte a personaggi provati, battagliati, ma che nonostante tutto non rinunciano ad amare, anche se non riescono a trovare appieno il coraggio di essere se stessi. Il conflitto è soprattutto tra il personaggio e se stesso, più che tra il personaggio e la società; il problema di una presunta diversità è prima di tutto un problema di accettazione della stessa da parte dell’individuo. Lo splendore sono quei rari momenti di verità in cui i protagonisti riescono ad essere autentici, è l’adolescenza con le sue amicizie così vere, perché in quella dolorosa età dell’oro la vita non ci ha ancora irrigiditi con le sue sovrastrutture ed è più facile trovarsi. E’ lo splendore dei 30 anni, in quel preciso momento in cui ci si sente padroni della propria vita e tutto sembra ancora possibile, o quello dei 40, quando non ci si sente più così giovani e invincibili ma a tratti la saggezza di un vissuto doloroso ci illumina e ci da la forza di fare scelte coraggiose. In definitiva, lo splendore si manifesta, a sprazzi, in varie stagioni della vita: è quell’attimo in cui la verità si rivela, troviamo il coraggio di essere noi stessi a dispetto delle aspettative altrui e riusciamo a vivere in pienezza. Ma sono solo attimi di felicità, che nel libro spesso coincidono con momenti di perfetta fusione con la natura, con il mare, soprattutto (contrapposto all’ambiente costruito delle città, Londra e Roma, dove i protagonisti accettano di vivere dietro alle coperture imposte dalle regole sociali, in nome del quieto vivere). Il fluire della vita poi inesorabilmente riprende inghiottendo questi attimi di rivelazione e di splendore per ricacciare i protagonisti nell’amarezza e nella sconfitta.

lunedì 19 maggio 2014

La fragola tra leggende, curiosità e proprietà nutrizionali

immagine da web
Sarà per la forma a cuore, per il colore acceso o per l’inebriante profumo, certo è che la fragola invita, in questa stagione, a piacevoli scorpacciate. Pochi sanno che il vero frutto in realtà sono i semini, mentre il rosso altro non è che un’infiorescenza. Questo delizioso alimento così come lo conosciamo oggi origina dalle zone alpine di Europa ed America, e precisamente la fragola moderna nasce come conseguenza di alcuni incroci sperimentati nella Francia del XVIII secolo. In realtà la fragola di bosco era gettonatissima già presso antichi Greci e Romani, dove veniva consumata soprattutto in primavera in occasione della festività di Adone: la leggenda narra infatti...continua a leggere qui 

giovedì 15 maggio 2014

Donna e fotografia: omaggio a Tina Modotti

Definire Tina Modotti una fotografa è riduttivo. Questa friulana cittadina del mondo fu attrice e modella (seppur per un breve periodo), musa di artisti, traduttrice, intellettuale, militante ed attivista politica, donna appassionata, e sì, certamente fotografa perché la fotografia fu il suo mezzo principale di espressione ma soprattutto di documentazione della realtà. Proprio all’inizio della mostra a lei dedicata, allestita nella corte Medievale di Palazzo Madama a Torino fino al 5 ottobre e nata da una collaborazione tra la Fondazione Torino Musei, l’associazione culturale Cinema Zero e la casa editrice Silvana Editoriale, colpisce la citazione della Modotti: “Sempre, quando le parole "arte" e "artistico" vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo… Mi considero una fotografa, niente di più.” Ed è proprio la sua parabola artistica che viene ricostruita nell’esposizione...continua a leggere qui

martedì 13 maggio 2014

Alimentazione in gravidanza

foto da web
Ormai il vecchio adagio popolare secondo il quale in gravidanza sarebbe necessario “mangiare per due” è stato definitivamente contraddetto dai pareri di ginecologi e nutrizionisti che sottolineano l’importanza di un peso corporeo giusto a inizio gravidanza ed anche durante la sua prosecuzione. Le aspiranti mamme sottopeso o sovrappeso potrebbero infatti avere qualche piccolo problema supplementare durante la gravidanza, ed i ginecologi controllano scrupolosamente il peso della gestante ad ogni visita, verificando che l’aumento ponderale sia corretto in rapporto allo stadio della gestazione. Un aiuto prezioso viene dalla dieta, che in questo momento più che mai deve essere equilibrata, ricca di frutta, verdura e fibre ma anche del giusto apporto proteico. Sono raccomandati pasti ridotti ma frequenti, per non appesantire e non aumentare il senso di gonfiore della gestante. Nello specifico viene consigliato di consumare due o tre spuntini di frutta e verdura al giorno, e di integrare la dieta con acido folico per tutto il primo trimestre, e con un complesso multivitaminico suggerito dal medico dal quarto trimestre in poi. Si a carne e pesce, a uova rigorosamente cotte, ciascun alimento consentito due volte la settimana. Da cosa dobbiamo invece stare alla larga durante la dolce attesa? Continua a leggere qui

lunedì 12 maggio 2014

Dieta mediterranea: come scegliere il pesce?

foto da web
E’ ormai assodato che la dieta mediterranea abbia una marcia in più nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, anche per una sua caratteristica fondamentale: la presenza regolare in tavola del pesce. I nutrizionisti da tempo magnificano le proprietà benefiche di questo alimento: contiene proteine ad alto contenuto biologico, è ricco di calcio, fosforo, selenio, iodio e vitamina A,D e B ma il suo maggior pregio è l’alto contenuto di grassi insaturi ricchi di Omega 3. Tali grassi aiuterebbero a ridurre i livelli plasmatici di trigliceridi e colesterolo “cattivo”  attuando una forma di prevenzione delle malattie cardiovascolari; inoltre proteggono la vista, la pelle ed un recente studio svedese stabilisce addirittura un collegamento tra il suo consumo regolare e la prevenzione dell’artrite reumatoide. La bassa quantità di tessuto connettivo contenuto nel pesce lo rende un alimento digeribile. Per poter sperimentare tutti questi benefici effetti, il pesce andrebbe consumato almeno tre volte alla settimana. Ma a questo punto il consumatore potrebbe domandarsi: come scegliere la qualità di pesce più benefica per l’organismo...continua a leggere quiqui

giovedì 8 maggio 2014

“Giovane e bella”: sesso, adolescenza e baby-escorts

In un contesto di attualità in cui le storie di baby escorts affollano tristemente le pagine dei quotidiani, lasciando gli adulti interdetti ed aprendo l’interminabile dibattito di psicologi e sociologi, è particolarmente interessante, e da certi punti di vista inquietante, vedere “Giovane e bella” diretto da François Ozon nel 2013.
Il film è tutto incentrato sulla protagonista Isabelle, una bellissima diciassettenne circondata da una famiglia composta da fratellino minore, madre e patrigno. La ragazza, dopo la prima deludente esperienza sessuale consumata in villeggiatura con un coetaneo un po’ scialbo che non è riuscito a farle battere il cuore, rientra a Parigi con la famiglia dopo le vacanze e qui, senza motivi plausibili apparenti, e complice l’utilizzo di Internet, cellulari e siti specializzati, inizia a prostituirsi con uomini molto più grandi, guadagnando denaro che apparentemente non utilizza ma si limita ad accumulare. Un imprevisto tragico la costringe a fermarsi, a riflettere su quello che sta facendo e fa si che la famiglia scopra la sua doppia vita. Dopo il trauma iniziale la madre decide di farla aiutare da uno psicologo, tra scenate e tentativi di complicità nella speranza di conquistare la sua fiducia e di capire una volta per tutte l’ imperscrutabile e fredda figlia adolescente, indifferente alle feste ed al mondo dei suoi coetanei. Per tutto il film lo spettatore tenterà di capire perché Isabelle abbia deciso di diventare una baby-escort, senza riuscirci mai veramente. Non ci sono motivazioni economiche: Isabelle vive in una famiglia benestante che non le nega alcun oggetto, lusso o divertimento. Ci sono una serie di spunti offerti durante lo svolgimento del film: primo su tutti, l’elemento del gioco. Isabelle è spinta soprattutto dalla voglia di giocare, di trasgredire, per vivere l’ebbrezza di superare i limiti del consentito. Al proposito, viene citato il poema di Rimbaud “Nessuno è serio a 17 anni” –Isabelle ed i suoi compagni di classe lo recitano e lo studiano durante le lezioni-. Un’altra parola chiave è: potere. Ovvero il gusto che l’adolescente prova nel constatare il proprio potere nei confronti dell’adulto: attraverso il sesso e la bellezza, Isabelle decide le regole del gioco e può addirittura farsi pagare dagli adulti, quasi quanto vuole. C’è anche un discorso di autostima: Isabelle è bellissima, eppure sente il bisogno di ricevere costanti conferme della propria bellezza; quale migliore conferma che un adulto disposto a pagarla per appropriarsi di quella bellezza? Il film implicitamente suggerisce forse che la ragazza cerchi il padre assente negli uomini molto più grandi a cui si concede (padre che ha lasciato la famiglia e si è ricostruito un nucleo familiare in un altro paese).

In sottofondo trapela poi il riferimento al fatto che viviamo in una società dove tutto si compra: i genitori, che non dedicano tempo ai figli non si dimenticano però dei compleanni che vengono retribuiti generosamente con un buon gruzzolo di denaro; offrono continuamente vacanze, teatro e distrazioni ai ragazzi, eccetto la concessione del proprio tempo. All’interno della stessa logica vengono menzionate dal fratellino di Isabelle le compagne di classe che vendono ai coetanei le prime prestazioni sessuali per 5 euro o per una ricarica del telefonino. In generale gli adulti che compaiono nel film sembrano tutti piuttosto facili da corrompere e da comprare- incluso il patrigno di Isabelle quasi sedotto, ad un certo punto, dalle provocazioni della ragazza. E gli adolescenti emergono soli e fragili. Alla fine, in ogni caso, lo sguardo del regista sulla vicenda è impotente, come pure impotente è lo spettatore: l’adolescenza resta un insondabile mistero.

martedì 6 maggio 2014

Legumi: preziosi alleati

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Ormai è diventato un tormentone: bisogna diminuire la quantità di carne assunta settimanalmente, in special modo quella rossa, affermano i nutrizionisti. Voci autorevoli del calibro del Dottor Umberto Veronesi confermano la teoria che una dieta ricca di carne aumenterebbe le probabilità di sviluppare tumori, malattie cardiovascolari e malattie degenerative del sistema nervoso. D’accordo, ma la domanda che ci poniamo è sempre quella: con cosa sostituire la carne sistematicamente, in modo da ottenere una dieta bilanciata con il giusto apporto proteico? Continua a leggere qui

lunedì 5 maggio 2014

L’America non esiste.

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L’America, ed in particolare New York, come terra promessa, ombelico del mondo dove chi si ferma è perduto ma chi sa vivere in velocità ed anche in superficie, pronto ad intercettare e precorrere le mode riesce a cogliere la sua occasione. Questa l’America descritta da Antonio Monda in “L’America non esiste”, vista attraverso gli occhi di due ragazzi appena ventenni, Nicola e Maria, fratello e sorella emigrati dall’Italia meridionale per incontrare un nuovo destino a New York. Due personalità opposte e due modi opposti di vivere l’esperienza americana: arrivati a Brooklyn, l’ambizioso Nicola riparte quasi subito alla volta della frenetica Manhattan perché capisce che è quello il cuore delle occasioni e il luogo dove tutto si crea e si decide. Nicola è sospinto da una rabbia febbrile che incanalata nella giusta maniera lo porterà al successo, iniziando come agente di incontri di box fino ad arrivare al patinato mondo delle gallerie d’arte. Attraverso i suoi occhi scopriamo una società liquida per eccellenza (per citare Zygmunt Bauman), dove la scalata al successo impone di non mettere radici, cambiare il proprio nome, essere sempre pronti a cambiare lavoro, relazioni, amicizie  per inseguire il nuovo e per precedere la direzione in cui soffierà il vento. L’essenziale è non essere ancorati ad una identità che ci appesantisce e ci trascina verso il fondo, ma decidere di cambiarla a seconda di quello che richiede il mercato. In questo senso l’America non esiste, per questa mancanza di identità e di radici. Ma è proprio questo il suo fascino, e se c’è una cosa che il lettore percepisce leggendo questo romanzo scorrevole e ben scritto, è una dichiarazione d’amore del suo autore Antonio Monda per New York – qui viene descritta la New York degli anni Cinquanta, euforica nel suo risveglio artistico e culturale del dopoguerra, dove vengono citati molti personaggi famosi, dal pugile Rocky Marciano al regista Elia Kazan, alle dive di Hollywood Liz Taylor e Marilyn Monroe-.
C’è poi un’altra America, quella vissuta da Maria, la sorella di Nicola, che rimane a Brooklyn nell’appartamento inizialmente messo a disposizione da uno zio. Maria vive l’America degli emarginati e degli sconfitti;  è l’esatto opposto di Nicola, non pensa di essere padrona del proprio destino ma si affida costantemente a Dio e agli altri –dove Nicola conta unicamente sulle proprie forze e sul proprio talento-; non giudica, è piena di fiducia e di amore e vede il bello in qualsiasi situazione. Non vuole conquistare la realtà ma si lascia trasportare dalla corrente. Irrita Nicola per questa sua semplicità e mancanza assoluta di ambizioni, e per lei l’America è solo un sogno inconsistente, perché neppure le interessa andare a caccia delle opportunità che potrebbe offrirle.

Molti romanzi sono stati scritti sugli emigrati italiani in America, perché questo continente ha sempre esercitato e sempre eserciterà un’ enorme suggestione su europei ed italiani (quanti di noi hanno uno zio o un parente emigrato in America!). E questo libro me ne riporta alla mente un altro, molto diverso per spessore e per ricerca storica su cui è basato, forse meno scorrevole, ma intenso, profondo e toccante. Parlo di  “Vita” di Melania Mazzucco (che vinse nel 2003 il premio Strega per questo romanzo) dove due bambini, Vita e Diamante, partono alla volta di New York da Tufo di Minturno. Siamo nel 1902 e la scrittrice descrive in maniera minuziosa e documentata le condizioni di vita degli emigrati italiani a inizio secolo nel ghetto italiano: appartamenti affollati e maleodoranti, lavoro minorile e bambini che non vengono mandati a scuola;le bambine che cuciono fiori di stoffa chiuse tutto il giorno in soffocanti appartamenti per pochi dollari; i bambini che fanno gli strilloni agli angoli delle strade, o vengono ingaggiati come truccatori di salme per le  agenzie di pompe funebri o ancora lavorano come  water-boy (trasportano secchi d’acqua tutto il giorno nei selvaggi cantieri in cui gli emigrati stanno disboscando per poi costruire le prime tratte ferroviarie). Oppure finiscono preda della Mano Nera, la prima mafia italiana newyorkese. In una città dove compaiono insegne fuori dai locali che recitano: “Vietato l’ingresso ai cani,ai negri e agli italiani.” Anche qui, destini opposti: Vita troverà la sua America, Diamante tornerà in Italia con la cocente delusione di non aver trovato la sua terra promessa, per lui l’America è stata solo un’illusione. Perché l’America è un’idea, un modo di interpretare la realtà: ad ognuno il proprio.

martedì 29 aprile 2014

Il fascino dark dei Preraffaelliti

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Ci sono correnti artistiche che hanno lo straordinario potere di essere sempre attuali, e, con la loro modernità, continuare ad influenzare il presente. E’ questo il grande fascino dei Preraffaelliti, avanguardia artistica nata a Londra nel 1848 e capitanata da Dante Gabriel Rossetti insieme a John Everett Millais e William Holman Hunt, in piena epoca vittoriana. La Confraternita dei Preraffaelliti si ribella al soffocante establishment culturale dell’epoca per recuperare nuovi valori, rifacendosi all’arte italiana precedente a Raffaello. Solo la bellezza dell’arte intesa come artigianato e poesia, che si fonde con la vita vera, potrà salvare l’individuo alienato della società industriale inglese di metà ottocento. Questo e molto altro viene raccontato allo spettatore nella mostra intitolata “L’utopia della bellezza”, allestita al Polo Reale di Palazzo Chiablese a Torino fino al 19 luglio. Continua a leggere qui 

martedì 22 aprile 2014

Degustazioni di cioccolato e boutiques del cacao.

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A Torino il cioccolato è una faccenda estremamente seria. Mica roba da dilettanti. La degustazione del cioccolato significa concedersi “piccoli momenti di estasi”, per citare Neri Marcorè nel film “Lezioni di cioccolato”, interpretato, guarda un po’ che coincidenza, dal torinese doc Luca Argentero. Un’esperienza sensoriale da sperimentare possibilmente in un ambiente glamour e raffinato. Come glamour e raffinata è la Bottega Artigianale di Guido Gobino in Via Lagrange 1 A, a pochi minuti dal Museo Egizio e nel cuore storico di Torino. Continua a leggere qui

venerdì 18 aprile 2014

Dive, red carpet e stile

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Nell’immaginario collettivo una diva è un volto carismatico, uno sguardo ammaliante, ma soprattutto un lungo ed inaccessibile abito di haute couture drappeggiato su un corpo armonioso alla notte degli Oscar. E’ il fascino di Hollywood, ma non solo: essere una diva è una questione di stile. Qualcosa che va ben oltre gli abiti esclusivi, perché, come sosteneva Coco Chanel, “La moda passa, lo stile resta”. Continua a leggere qui 

mercoledì 16 aprile 2014

“Nella casa”: voyeurismo e attrazione dell’indiscrezione

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Da sempre esiste negli esseri umani un’attrazione per i segreti, per l’intimità e le vite altrui: poter sbirciare dentro la vita di un altro per coglierne le debolezze danno all’osservatore protetto dall’anonimato una sensazione di potere. E’ lo stesso meccanismo che sta alla base del gusto del pettegolezzo, presente in ogni società. Per non parlare dei reality degli ultimi dieci anni, basati su questa pulsione a volte inconfessabile.
Sbirciare nella vita altrui, non visti, con un certo morboso interesse, soprattutto se questa vita sembra più perfetta e più felice della propria. Come dire, l’erba del vicino è sempre più verde. Viene in mente “La finestra di fronte” di Ozpetek, dove l’irrisolta protagonista interpretata da Giovanna Mezzogiorno sogna la vita che non ha mai avuto sbirciando dentro la casa del vicino di fronte. Parte da qui l’originale thriller psicologico del regista francese Ozon, anno 2013,“Nella casa”, basato sulla libera rielaborazione della pièce teatrale "El chico de la última fila” del drammaturgo spagnolo Juan Mayorga.
Germain, professore di letteratura di un liceo francese, scrittore mancato per assenza di talento (per propria stessa ammissione), annoiato dalla correzione di temi banali e superficiali, si appassiona ai temi di un promettentissimo alunno di umili origini, Claude. Quest’ultimo trascina il professore in un gioco voyeuristico che porterà entrambi a perdere il controllo della situazione in un crescendo drammatico. Infatti Claude, con la complicità del professore si intrufola nella casa e nella vita di un suo compagno di classe, Raphael, che ha una famiglia apparentemente perfetta e molto borghese. Claude da un lato schernisce le frustrazioni, le debolezze e la mediocrità dei componenti della famiglia, dall’altro è attratto proprio da questa rassicurante normalità (e poi chi l’ha detto che normalità debba per forza coincidere con mediocrità?). In fondo Claude sente che forse dietro a questa “banale normalità” si cela una felicità che a lui non è mai appartenuta. Schernisce i personaggi così piccolo borghesi, eppure di nascosto prova il dopobarba del padre di Raphael, desidera la madre di Raphael, una sensuale Emmanuelle Seigner, qui casalinga annoiata. Si intrufola nel loro letto mentre dormono, desidera forse essere loro figlio.
Germain, il professore, in fondo anche lui ossessionato dalla mediocrità e dalla normalità si getta in questo gioco pericoloso forse perché inebriato dalla possibilità di sviluppare il talento di un ragazzino, quel talento che lui non ha mai avuto. Al punto da fargli dimenticare il buon senso e la solida e rispettabile vita che si è costruito insieme alla moglie Jeanne, inizialmente sua complice in questa morbosa avventura .

Nel film poi c’è  molto altro: riflessioni sulla letteratura, citazioni letterarie (Madame Bovary su tutte), riflessioni su finzione e realtà che inizialmente sono ben distinte ma poi si mescolano, come i possibili sviluppi di una storia. Ed è proprio questo ciò di cui gli esseri umani annoiati hanno maggiormente bisogno per evadere da una vita di routine: un’ottima storia. Da qui l’enorme potere dello scrittore. 

lunedì 14 aprile 2014

Pasqua e dintorni: Ferrara tra arte e gastronomia

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Pasqua e Pasquetta sono ormai alle porte, la primavera sembrerebbe finalmente arrivata, e le idee per organizzare gite fuori porta e brevi itinerari turistici sono tante. Dal pic-nic nei prati non lontani da casa al “last minute”, dagli eventi gastronomici alle città d’arte, tutto vale per ricrearsi e rilassarsi, anche se per pochi giorni. E proprio venendo alle città d’arte, in questo periodo Ferrara potrebbe essere la meta ideale per qualche giorno di turismo. Continua a leggere qui

giovedì 10 aprile 2014

Un bagno nel Mar Morto


Un bagno nel Mar Morto è un’esperienza decisamente alternativa. L’istinto, da sempre quando entriamo in acqua, è quello di immergerci nel liquido e nuotare. Qui invece ci si sente letteralmente respinti dall’acqua verso l’esterno, una sensazione inedita ed innaturale. Le braccia e le gambe vengono spinte verso la superficie dell’acqua come quelle di una marionetta e l’unica cosa che si può fare è lasciarsi andare e decidere di rilassarsi come se si fosse comodamente seduti in poltrona, approfittandone per godere del panorama circostante. Come se due enormi braccia, da sotto, ci sostenessero e ci cullassero dolcemente. L’acqua è densa, piatta ed immobile; uno specchio quasi inquietante….eppure il paesaggio è suggestivo, seppure lievemente malinconico. Un Mare (tecnicamente un enorme lago) in mezzo al deserto, dove i colori pastello delle rocce, dei minerali, del cielo e del mare sconfinano gli uni negli altri in una gamma di sfumature delicatissime.

La ragione del singolare fenomeno è l’altissima concentrazione di sale e minerali presenti nell’acqua (il 30%) che rendono tra l’altro l’ambiente inospitale per qualsiasi tipo di vita –da qui il nome mar Morto-. Già prima di entrare in acqua si cammina su una distesa di sale grosso –sembra veramente quello che usiamo per cuocere la pasta!- Inutile specificare che l’esperienza dell’immersione nel mar morto  deve essere limitata ad una quindicina di minuti al massimo, o gli effetti benefici dell’alta concentrazione di minerali sulla pelle si tramuterebbero in effetti dannosi.

Enormi alberghi non troppo estetici ma ultramoderni e dotati di ogni comfort accolgono ogni anno turisti che desiderano provare questa esperienza, o che sono venuti appositamente per seguire una terapia. Già  dai tempi di egizi e romani le proprietà terapeutiche della regione erano note, gli scavi archeologici hanno svelato una sorta di industria cosmetica che avrebbe rifornito la stessa Cleopatra. In tempi più recenti le società giordane e israeliane fanno a gara per accaparrarsi i sali e i minerali che vengono venduti a carissimo prezzo alle aziende farmaceutiche e cosmetiche di tutto il mondo. I minerali e i fanghi provenienti dal mar morto infatti hanno molte proprietà terapeutiche per la pelle, sono indicate per la cura della psoriasi e di altre malattie dermatologiche nonché per vari trattamenti di bellezza. Inoltre l’esposizione al sole qui è particolarmente benefica perché trattandosi della regione situata nella depressione più profonda della terra, i raggi del sole arrivano alla pelle filtrati al massimo grado possibile; per giunta il clima particolarmente secco e privo di umidità è benefico per ogni tipo di artrite e reumatismi. In poche parole, un’esperienza interessante, una volta nella vita…!

mercoledì 9 aprile 2014

“Viaggio sola” e single quarantenni.


I single over trentacinque sono, da diversi anni, una categoria abbastanza discussa. Condizionata dalle immagini proposte dai media che propinano un modello di famiglia perfetta in stile pubblicità del Mulino Bianco, l’opinione pubblica tende ad etichettare le persone single passando da un estremo all’altro: o si tratta di eterni bamboccioni che non riescono a crescere ed assumersi delle responsabilità, perennemente protetti dalla rassicurante campana di vetro dei genitori, o si tratta di soggetti che nasconderebbero chi sa quali turbe e problemi, o, viceversa, i single vengono visti come i nuovi eroi urbani che hanno avuto il coraggio di sfuggire alla prigione della famiglia con tutti i suoi doveri per dedicarsi ad una trasgressiva ed edonistica esistenza consacrata ai propri piaceri ed interessi personali. Comunque, dietro la condizione di single over 35 ci sarebbe sempre per forza o un problema o una rivendicazione.

Mai un minimo di obiettività ed equilibrio. Maria Sole Tognazzi nel film “Viaggio sola”, interpretato da una sempre convincente Margherita Buy nei panni di Irene, single quarantenne, ci propone invece una versione molto semplice e realista. Ovvero spesso il single è una persona normalissima che, semplicemente, ad un certo punto ha scelto che tra tutti gli stili di vita possibili, forse quel tipo di vita è proprio quello che meglio si adatta a lui / lei. Che così, tutto sommato, è abbastanza felice. O comunque meno infelice che scegliendo un altro tipo di vita. Irene è una donna emancipata, con un lavoro impegnativo che la porta a viaggiare molto: fa l’ispettore negli alberghi e resort di lusso. La cosa liberatoria è che non è però ne’ una vittima ne’ un’eroina icona del femminismo. Ne’ “sfigata” ne’ “vincente””, insomma. E’ una donna come tante, con i suoi alti e bassi. Nonostante il suo tipo di lavoro  probabilmente le renda più difficile coltivare relazioni stabili, non dovete però immaginare una povera derelitta che non sappia a chi telefonare quando si sente giù: ha un ex fidanzato ancora presente nella sua vita, un amico vero, imprescindibile. Ha una sorella a cui è molto legata e due nipotine che adora e che vizia. Insomma, ha una sfera affettiva di tutto rispetto. Ad un certo punto del film si sente sola, e forse rimpiange per un attimo scelte che non ha fatto: a chi non capita di tanto in tanto di sentirsi soli o ritornare su una scelta del proprio passato? Ha i suoi momenti di fragilità, ma alla fine, capisce che quella vita se l’è scelta perché probabilmente il suo concetto di benessere e di felicità coincidono con un’esistenza libera ed avventurosa, non con la rassicurante protezione offerta da una famiglia tradizionale. Perché è il suo viaggio, ed ognuno di noi ha diritto di scegliere come intraprenderlo.

venerdì 4 aprile 2014

Colline Torinesi e ciliegi in fiore

Foto di Elena Cerboncini


















Quando si pensa a Torino vengono in mente per prima cosa i musei e la cultura. Il Museo Egizio su tutti, adesso in fase di trasformazione ed ampliamento (i lavori termineranno nel 2015). Il Museo del cinema, imperdibile ed originalissimo nella sua fantasiosa struttura all’interno della Mole Antonelliana. Il Museo dell’Auto (d’altra parte l’equazione Torino-auto è inevitabile). Palazzo Reale e le Mostre, Palazzo Barolo, i concerti nelle chiese, la Fiera del Libro e il Torino Film Festival. 
Come seconda cosa, vengono in mente i parchi. Tutti pensano immediatamente al celebre parco del Valentino, elegante e curato con la sua cittadella medievale, anche se il Parco delle Vallere, a sud di Torino e vicino a Moncalieri è molto meno conosciuto ma forse più bello, con i suoi spazi verdi a perdita d’occhio e i sentieri pianeggianti adattissimi a lunghe pedalate in bici, una vera oasi di campagna in città.
Infine vengono in mente i gianduiotti e i dolci raffinati delle pasticcerie storiche e dei caffè in stile parigino. Se poi sei ligure, ti viene in mente che, porca miseria, a Torino non c’è il mare….
A chi non è del luogo, una cosa non verrà praticamente mai in mente, parlando di Torino: le meravigliose colline torinesi, subito fuori dalla città. A una quindicina di km da una delle città più inquinate d’Italia, ci si trova davanti ad un panorama che apre letteralmente il cuore. Una distesa di dolci colline verdeggianti a perdita d’occhio, campi arati, paesini arroccati sui colli, ed in lontananza la cornice innevata delle Alpi Cozie e del Monviso. Ma soprattutto, in questa stagione, distese di ciliegi in fiore!  Esiste addirittura un paese, Pecetto Torinese, che deve la sua celebrità alla produzione delle ciliegie ed alle manifestazioni correlate. Se capitate in zona il prossimo 6 aprile, a Pecetto si terrà la 33esima edizione della Camminata gastronomica tra i ciliegi in fiore, organizzata dal Comune, che prevede un rilassante percorso di 8 km a piedi tra i ciliegi, con piccole soste allietate da dolci, panini, frutta e bevande. Inoltre tutti gli anni a giugno Pecetto organizza la Festa delle Ciliegie, che comprende degustazioni di diverse varietà di ciliegie e prodotti derivati, e feste in notturno comprensive di sbandieratori, personaggi in costumi storici, concerti e musica.
Quindi, se transitate da Torino e pensate ad una gita fuori porta, il motto sia: “NonsoloLanghe”. Che hanno il loro innegabile fascino, ma perché non andare prima un po’ a zonzo per i colli torinesi?


lunedì 31 marzo 2014

“O i figli o il lavoro” di Chiara Valentini: l’Italia è un paese per mamme?

Leggere questo libro, da un certo punto di vista, è un sollievo: fa sentire le donne meno sole con il problema. Perché ammettiamolo: a tante di noi è capitato, durante il proprio percorso lavorativo, di fare un colloquio in cui ci veniva chiesto se avevamo intenzione di sfornare un pargolo (non con queste esatte parole, sia chiaro). Per non parlare della ricerca di un nuovo lavoro se si è neo-mamme: la fatidica domanda se si hanno figli piccoli spunterà, magari sussurrata come se fosse del tutto casuale, ed a quel punto, a risposta affermativa,  il sorriso del vostro intervistatore si sgretolerà come per magia. Questa mentalità arretrata e discriminatoria nei confronti delle madri lavoratrici è l’argomento principale del libro-inchiesta di Chiara Valentini, edito da Feltrinelli nel 2012. Dal quale emerge una realtà squallida, dove tutte le categorie di donne lavoratrici, dalle operaie alle commesse, fino alle manager in carriera, sono ugualmente colpite da questa discriminazione, basata soprattutto su mobbing e demansionamento al rientro dalla maternità per chi ha un contratto a tempo indeterminato, assunzioni corredate da dimissioni in bianco, atteggiamenti ostili di ogni tipo verso le donne che intraprendono il percorso della maternità. In una parola: svela una mentalità ottusa che è incapace di vedere in una madre  un soggetto lavorativo che continua ad avere le stesse competenze e qualifiche che aveva prima della gravidanza. Questo, sommato alla carenza di strutture ed asili nido ed un sistema ancora tutto imperniato sull’aiuto dei nonni, rende veramente difficile per una donna il reinserimento lavorativo dopo la maternità. Lo scorso 1 marzo Laura Preite scriveva un articolo dal titolo allarmante su La Stampa : “Mamme fuori dal mercato del lavoro: una su quattro lo perde entro due anni”.
E dire che la legge di maternità italiana è molto più favorevole di quella presente in altri paesi Europei: abbiamo un congedo di maternità lungo, se paragonato ad altri Stati, quindi da questo punto di vista non ci possiamo lamentare. E’ il reinserimento e tutto il contesto che sono da rivedere e migliorare. E’ interessante fare un paragone con un paese emancipato e virtuoso come la Francia, giusto per proporre dei modelli che siano positivi e costruttivi, e non negativi.
In Francia alla nascita di un figlio lo stato offre un bonus alla famiglia che va dagli 800 ai 1000 eur a seconda del reddito, e questo è solo l’inizio. La madre o il padre possono avere un congedo che va addirittura fino ad un massimo di 3 anni senza perdere il posto di lavoro. Lo Stato offre inoltre un contributo economico per la baby sitter, la cui cifra varia in funzione del reddito familiare. Ma soprattutto, l’asilo nido pubblico è veramente pubblico quindi gratuito, perché basato sul concetto che le tasse dei cittadini debbano coprire questo genere di servizi, mentre in Italia il nido pubblico costa circa un centinaio di eur in meno del privato, quindi mediamente per una frequenza part-time sui 400 eur al mese, una cosa illogica e contraddittoria. E durante la gravidanza in Francia a partire dal terzo mese lo stato paga tutto: visite, cure, analisi, ecografie.

Deduciamo che quindi proprio la Francia possa fregiarsi del titolo di “Paese per mamme”, certo non l’Italia dove il cammino di miglioramento da intraprendere è ancora lungo.

lunedì 24 marzo 2014

Desserts veloci: tre ricette

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A chi non è mai capitato di dover organizzare un pranzo o una cena con scarso preavviso?
In questi casi è sempre utile avere sottomano ricette non troppo elaborate ma pur sempre sfiziose: eccovi tre ricette per  un dessert dalla preparazione semplice, piuttosto veloce, e di sicuro impatto.


Ricetta numero uno: mousse veloce alla ricotta.


Ingredienti per persona: 4 biscottini tipo “Digestive”, 1 hg scarso di ricotta, 2-3 quadretti di cioccolato fondente, 2 cucchiaini di zucchero, 2 tappi di Cointreau (o altro liquore adatto ai dolci, anche il marsala va benissimo).
Questo dessert si prepara direttamente nelle monoporzioni. Prendete una coppetta tipo quella da macedonia. Sbriciolatevi dentro i biscottini e bagnateli con il liquore. Poi mettete in una piccola ciotola la ricotta, aggiungete due cucchiaini di zucchero e 2-3 quadretti di cioccolato fondente spezzettati. Mescolate qualche minuto finché il composto diventerà cremoso, versatelo nella coppetta sopra i biscottini sbriciolati e appianatelo con una spatola. QuindiPoi ornate la superficie con dei pezzettini di pesca fresca. Preparate una coppetta per ogni persona, mettete in frigo per un’oretta prima di servirlo.

Ricetta numero due: Tarte tatin con sfoglia già pronta.

Ingredienti per una tortiera da 24 cm: 4-5 mele, un rotolo di sfoglia tipo Buitoni, zucchero e burro a piacere, un pizzico di cannella.
Sbucciate le mele e tagliatele in quarti. Srotolate la sfoglia pronta e stendetela appena in modo da assottigliarla leggermente. Prendete un tegame che funga anche da tortiera, che passerete prima sulla fiamma e poi metterete in forno (sarà l’unico recipiente che userete). Versateci dentro 3 cucchiai da tavola di zucchero, un pochino di acqua e alcuni fiocchi di burro: mettete il recipiente sulla fiamma e mescolate finché il composto non scurisce e non avrete ottenuto del caramello, poi toglietelo dal fuoco, e ponete sulla base del recipiente, sopra il caramello, i quarti di mela con la parte “bombata” appoggiata sul fondo. Disponete i quarti molto vicini in modo che la mela copra tutto il fondo della tortiera. Spruzzateci sopra zucchero, cannella e qualche fiocchetto di burro. Poi coprite con la sfoglia tutta la tortiera, in modo che le mele risultino completamente coperte. Fate ben attenzione a inserire dai lati la sfoglia dentro il tegame, come se la rimboccaste lateralmente. Infornate per 15-20 minuti a 200°C.
Estraete il dolce dal forno, lasciatelo raffreddare, quindi capovolgetelo su un piatto in modo che la sfoglia diventi la base della Tarte.
Ottima se servita con gelato alla crema o un ciuffo di panna montata.

Ricetta numero tre: Crumble di mele.

Ingredienti per quattro persone:
100 gr farina “00”, 70 gr burro, 70 gr zucchero, 3-4 mele- ideali le renette-, un pizzico di cannella, una vaschetta di gelato alla crema. A vostro piacere, potete  aggiungere una manciata di uvetta e pinoli.
Sbucciate le mele e tagliatele a pezzettini. Mettetele in un piatto dove le mescolerete solo con un cucchiaio di zucchero (e volendo un cucchiaio di ruhm). Prendete una pirofila e imburratela. Mettete nel mixer il burro a pezzettini, la farina e lo zucchero. Date un colpetto velocissimo di mixer, e vi rimarranno delle specie di briciole simili alla pastafrolla (se non volete sporcare il mixer potete mischiare voi per pochissimi minuti il burro a pezzettini con zucchero e farina, otterrete come  risultato lo stesso “effetto briciola”).
A questo punto prendete la pirofila imburrata e con il cucchiaio versateci dentro le mele e poi spolveratele con le briciole. Fate due o tre strati così, in modo che mele e briciole siano alternati e  mescolati ed in cima a tutto spolverate con le ultime briciole.
Infornate per 25 minuti a 200-210 gradi. Una volta tolta la pirofila dal forno, lasciate sbollentare e poi, quando il dolce è ancora caldo, servitelo in coppette da macedonia e sopra aggiungete una palla di gelato alla crema, che si scioglierà creando un eccezionale contrasto tra caldo e freddo e tra croccantezza delle briciole e cremosità del gelato. Buon appetito!