Post più popolari

lunedì 5 maggio 2014

L’America non esiste.

foto da web
L’America, ed in particolare New York, come terra promessa, ombelico del mondo dove chi si ferma è perduto ma chi sa vivere in velocità ed anche in superficie, pronto ad intercettare e precorrere le mode riesce a cogliere la sua occasione. Questa l’America descritta da Antonio Monda in “L’America non esiste”, vista attraverso gli occhi di due ragazzi appena ventenni, Nicola e Maria, fratello e sorella emigrati dall’Italia meridionale per incontrare un nuovo destino a New York. Due personalità opposte e due modi opposti di vivere l’esperienza americana: arrivati a Brooklyn, l’ambizioso Nicola riparte quasi subito alla volta della frenetica Manhattan perché capisce che è quello il cuore delle occasioni e il luogo dove tutto si crea e si decide. Nicola è sospinto da una rabbia febbrile che incanalata nella giusta maniera lo porterà al successo, iniziando come agente di incontri di box fino ad arrivare al patinato mondo delle gallerie d’arte. Attraverso i suoi occhi scopriamo una società liquida per eccellenza (per citare Zygmunt Bauman), dove la scalata al successo impone di non mettere radici, cambiare il proprio nome, essere sempre pronti a cambiare lavoro, relazioni, amicizie  per inseguire il nuovo e per precedere la direzione in cui soffierà il vento. L’essenziale è non essere ancorati ad una identità che ci appesantisce e ci trascina verso il fondo, ma decidere di cambiarla a seconda di quello che richiede il mercato. In questo senso l’America non esiste, per questa mancanza di identità e di radici. Ma è proprio questo il suo fascino, e se c’è una cosa che il lettore percepisce leggendo questo romanzo scorrevole e ben scritto, è una dichiarazione d’amore del suo autore Antonio Monda per New York – qui viene descritta la New York degli anni Cinquanta, euforica nel suo risveglio artistico e culturale del dopoguerra, dove vengono citati molti personaggi famosi, dal pugile Rocky Marciano al regista Elia Kazan, alle dive di Hollywood Liz Taylor e Marilyn Monroe-.
C’è poi un’altra America, quella vissuta da Maria, la sorella di Nicola, che rimane a Brooklyn nell’appartamento inizialmente messo a disposizione da uno zio. Maria vive l’America degli emarginati e degli sconfitti;  è l’esatto opposto di Nicola, non pensa di essere padrona del proprio destino ma si affida costantemente a Dio e agli altri –dove Nicola conta unicamente sulle proprie forze e sul proprio talento-; non giudica, è piena di fiducia e di amore e vede il bello in qualsiasi situazione. Non vuole conquistare la realtà ma si lascia trasportare dalla corrente. Irrita Nicola per questa sua semplicità e mancanza assoluta di ambizioni, e per lei l’America è solo un sogno inconsistente, perché neppure le interessa andare a caccia delle opportunità che potrebbe offrirle.

Molti romanzi sono stati scritti sugli emigrati italiani in America, perché questo continente ha sempre esercitato e sempre eserciterà un’ enorme suggestione su europei ed italiani (quanti di noi hanno uno zio o un parente emigrato in America!). E questo libro me ne riporta alla mente un altro, molto diverso per spessore e per ricerca storica su cui è basato, forse meno scorrevole, ma intenso, profondo e toccante. Parlo di  “Vita” di Melania Mazzucco (che vinse nel 2003 il premio Strega per questo romanzo) dove due bambini, Vita e Diamante, partono alla volta di New York da Tufo di Minturno. Siamo nel 1902 e la scrittrice descrive in maniera minuziosa e documentata le condizioni di vita degli emigrati italiani a inizio secolo nel ghetto italiano: appartamenti affollati e maleodoranti, lavoro minorile e bambini che non vengono mandati a scuola;le bambine che cuciono fiori di stoffa chiuse tutto il giorno in soffocanti appartamenti per pochi dollari; i bambini che fanno gli strilloni agli angoli delle strade, o vengono ingaggiati come truccatori di salme per le  agenzie di pompe funebri o ancora lavorano come  water-boy (trasportano secchi d’acqua tutto il giorno nei selvaggi cantieri in cui gli emigrati stanno disboscando per poi costruire le prime tratte ferroviarie). Oppure finiscono preda della Mano Nera, la prima mafia italiana newyorkese. In una città dove compaiono insegne fuori dai locali che recitano: “Vietato l’ingresso ai cani,ai negri e agli italiani.” Anche qui, destini opposti: Vita troverà la sua America, Diamante tornerà in Italia con la cocente delusione di non aver trovato la sua terra promessa, per lui l’America è stata solo un’illusione. Perché l’America è un’idea, un modo di interpretare la realtà: ad ognuno il proprio.