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Da
sempre esiste negli esseri umani un’attrazione per i segreti, per l’intimità e
le vite altrui: poter sbirciare dentro la vita di un altro per coglierne le
debolezze danno all’osservatore protetto dall’anonimato una sensazione di
potere. E’ lo stesso meccanismo che sta alla base del gusto del pettegolezzo,
presente in ogni società. Per non parlare dei reality degli ultimi dieci anni,
basati su questa pulsione a volte inconfessabile.
Sbirciare
nella vita altrui, non visti, con un certo morboso interesse, soprattutto se
questa vita sembra più perfetta e più felice della propria. Come dire, l’erba
del vicino è sempre più verde. Viene in mente “La finestra di fronte” di
Ozpetek, dove l’irrisolta protagonista interpretata da Giovanna Mezzogiorno
sogna la vita che non ha mai avuto sbirciando dentro la casa del vicino di
fronte. Parte da qui l’originale thriller psicologico del regista francese
Ozon, anno 2013,“Nella casa”, basato sulla libera rielaborazione della pièce
teatrale "El chico de la última fila” del drammaturgo spagnolo Juan
Mayorga.
Germain,
professore di letteratura di un liceo francese, scrittore mancato per assenza
di talento (per propria stessa ammissione), annoiato dalla correzione di temi
banali e superficiali, si appassiona ai temi di un promettentissimo alunno di
umili origini, Claude. Quest’ultimo trascina il professore in un gioco voyeuristico
che porterà entrambi a perdere il controllo della situazione in un crescendo
drammatico. Infatti Claude, con la complicità del professore si intrufola nella
casa e nella vita di un suo compagno di classe, Raphael, che ha una famiglia
apparentemente perfetta e molto borghese. Claude da un lato schernisce le
frustrazioni, le debolezze e la mediocrità dei componenti della famiglia, dall’altro
è attratto proprio da questa rassicurante normalità (e poi chi l’ha detto che
normalità debba per forza coincidere con mediocrità?). In fondo Claude sente
che forse dietro a questa “banale normalità” si cela una felicità che a lui non
è mai appartenuta. Schernisce i personaggi così piccolo borghesi, eppure di
nascosto prova il dopobarba del padre di Raphael, desidera la madre di Raphael,
una sensuale Emmanuelle Seigner, qui casalinga annoiata. Si intrufola nel loro
letto mentre dormono, desidera forse essere loro figlio.
Germain,
il professore, in fondo anche lui ossessionato dalla mediocrità e dalla
normalità si getta in questo gioco pericoloso forse perché inebriato dalla
possibilità di sviluppare il talento di un ragazzino, quel talento che lui non
ha mai avuto. Al punto da fargli dimenticare il buon senso e la solida e
rispettabile vita che si è costruito insieme alla moglie Jeanne, inizialmente
sua complice in questa morbosa avventura .
Nel
film poi c’è molto altro: riflessioni
sulla letteratura, citazioni letterarie (Madame Bovary su tutte), riflessioni
su finzione e realtà che inizialmente sono ben distinte ma poi si mescolano,
come i possibili sviluppi di una storia. Ed è proprio questo ciò di cui gli esseri
umani annoiati hanno maggiormente bisogno per evadere da una vita di routine:
un’ottima storia. Da qui l’enorme potere dello scrittore.