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mercoledì 16 aprile 2014

“Nella casa”: voyeurismo e attrazione dell’indiscrezione

immagine da web
Da sempre esiste negli esseri umani un’attrazione per i segreti, per l’intimità e le vite altrui: poter sbirciare dentro la vita di un altro per coglierne le debolezze danno all’osservatore protetto dall’anonimato una sensazione di potere. E’ lo stesso meccanismo che sta alla base del gusto del pettegolezzo, presente in ogni società. Per non parlare dei reality degli ultimi dieci anni, basati su questa pulsione a volte inconfessabile.
Sbirciare nella vita altrui, non visti, con un certo morboso interesse, soprattutto se questa vita sembra più perfetta e più felice della propria. Come dire, l’erba del vicino è sempre più verde. Viene in mente “La finestra di fronte” di Ozpetek, dove l’irrisolta protagonista interpretata da Giovanna Mezzogiorno sogna la vita che non ha mai avuto sbirciando dentro la casa del vicino di fronte. Parte da qui l’originale thriller psicologico del regista francese Ozon, anno 2013,“Nella casa”, basato sulla libera rielaborazione della pièce teatrale "El chico de la última fila” del drammaturgo spagnolo Juan Mayorga.
Germain, professore di letteratura di un liceo francese, scrittore mancato per assenza di talento (per propria stessa ammissione), annoiato dalla correzione di temi banali e superficiali, si appassiona ai temi di un promettentissimo alunno di umili origini, Claude. Quest’ultimo trascina il professore in un gioco voyeuristico che porterà entrambi a perdere il controllo della situazione in un crescendo drammatico. Infatti Claude, con la complicità del professore si intrufola nella casa e nella vita di un suo compagno di classe, Raphael, che ha una famiglia apparentemente perfetta e molto borghese. Claude da un lato schernisce le frustrazioni, le debolezze e la mediocrità dei componenti della famiglia, dall’altro è attratto proprio da questa rassicurante normalità (e poi chi l’ha detto che normalità debba per forza coincidere con mediocrità?). In fondo Claude sente che forse dietro a questa “banale normalità” si cela una felicità che a lui non è mai appartenuta. Schernisce i personaggi così piccolo borghesi, eppure di nascosto prova il dopobarba del padre di Raphael, desidera la madre di Raphael, una sensuale Emmanuelle Seigner, qui casalinga annoiata. Si intrufola nel loro letto mentre dormono, desidera forse essere loro figlio.
Germain, il professore, in fondo anche lui ossessionato dalla mediocrità e dalla normalità si getta in questo gioco pericoloso forse perché inebriato dalla possibilità di sviluppare il talento di un ragazzino, quel talento che lui non ha mai avuto. Al punto da fargli dimenticare il buon senso e la solida e rispettabile vita che si è costruito insieme alla moglie Jeanne, inizialmente sua complice in questa morbosa avventura .

Nel film poi c’è  molto altro: riflessioni sulla letteratura, citazioni letterarie (Madame Bovary su tutte), riflessioni su finzione e realtà che inizialmente sono ben distinte ma poi si mescolano, come i possibili sviluppi di una storia. Ed è proprio questo ciò di cui gli esseri umani annoiati hanno maggiormente bisogno per evadere da una vita di routine: un’ottima storia. Da qui l’enorme potere dello scrittore.